Pitagora
Presocratici
Elefterios Diamantaras
Atene
La
figura di Pitagora, filosofo, scienziato e legislatore, va inserita nel
contesto storico della cultura del VI secolo A.C.
Il gruppo dei primi filosofi greci, comunemente chiamati presocratici, include- Talete, Anassimandro e Anassimene,
filosofi naturalisti
della scuola di Mileto
- Eraclito, detto l'oscuro
- Pitagora di Samo, fondatore della scuola pitagorica,
a cui appartennero
- Parmenide, il filosofo dell'essere, Zenone di Elea, Senofane di Colofone e gli eleatici
- Empedocle ed Anassagora, pluralisti
- gli atomisti Leucippo
e Democrito
- Diogene di
Apollonia
- Protagora e i sofisti.
Parliamo ora di
PITAGORA DI SAMO
Cenni biografici
Figlio di un mercante di Tiro, Pitagora nacque a Samo nel 570 AC. Di famiglia sufficientemente agiata
poté frequentare eccellenti maestri, i migliori cervelli del tempo: il
musicista e poeta Ermodame, suo concittadino,
gli scienziati Talete (ma appare poco credibile essendoci fra
i due circa cinquant'anni di differenza) ed Anassimandro, entrambi di Mileto, e il filosofo moralista Biante di Priene.
A diciotto anni fu affidato a Ferecide di Siro
detto il Saggio che lo indusse ad indagare sulle leggi palesi ed occulte dei
fenomeni naturali.
I due viaggiarono visitando Creta, le
isole del mar Egeo e l'Asia Minore. Fu iniziato ai Misteri di Orfeo e di
Demetra. Quando nel 548 AC il suo maestro morì,Pitagora, ancora adolescente,
intraprese lunghi viaggi di studio. Giunse in
Egitto, meta comune dei saggi dell’antichità, quali Talete, Licurgo,
Solone e Platone. Ebbe un’ottima accoglienza da parte del Faraone Amasis, a cui
era stato segnalato da Policrate, tiranno di Samo. Fu iniziato ai Misteri di
Iside ed Osiride. Si dice che vi abbia raggiunto i massimi gradi sacerdotali. Divenne
esperto nella magia, nell’astronomia, nella geometria e nella scienza dei
numeri. Soggiornò in Egitto per venti anni. Le truppe persiane di Cambise, che
avevano invaso e devastato il fiorente e civile Egitto, lo catturarono e ne
fecero uno schiavo di guerra
Dopo un lungo e drammatico viaggio
attraverso il deserto, giunse a Babilonia ove fu tenuto prigioniero per dodici
anni.
Lucio Apuleio, poeta, letterato
latino ed iniziato ai sacri Misteri egizi, nella sua opera “Apologia” afferma
che Pitagora ebbe contatti con i Gimnosofisti indiani [1]. Da questi certamente
apprese la dottrina della trasmigrazione delle anime e della ruota delle
esistenze (“Karma”).
Al suo ritorno a Samo creò una
scuola per istruire i suoi concittadini. Il progetto fallì: ebbe un solo
allievo, mentre la scuola locale per prostitute aveva molto successo. Abbandonò
l’isola e giunse in Magna Grecia, sulla costa ionica, a Crotone. Qui fondò la
sua Scuola Italica.
La scuola pitagorica di Crotone
Il più grande riconoscimento che la storia conferisce a Crotone,
è la prolifica scuola pitagorica
che il grande maestro greco fondò in una data stimata fra il 500 a .C. e il 600 a .C. Secondo la leggenda
il filosofo e matematico scelse questa meta per il suo
ateneo per volere divino. Proveniva da Delphi laddove la leggenda racconta che
avesse interppellato l'oracolo.
Fu il Dio Apollo a predestinarlo a Crotone per trasmettere il
suo sapere. Inoltre era a lui nota la cultura scientifica, medica, artistica e
filosofica della città, e non ultimo il suo favorevole clima politico. Era
infatti la tirannia a dilagare nelle altre città ioniche.
Giunto a Crotone, Pitagora riuscì a guadagnarsi subito i favori del popolo
grazie al suo sapere, che comunicava con orazioni pubbliche, su argomenti
morali e sociali. Ottenne dalla città una magnifica costruzione all'interno
delle mura cittadine, in marmo bianco, circondata da giardini e portici, destinata
ad ospitare la sua Scuola.
La chiamò La Casa delle Muse. In questo nome si può dire
che già ci fosse tutto il suo programma: le Muse erano divinità preposte alle
Arti ed alle Scienze.
In questa scuola il maestro insegnò la sua sofìa, di cui ricordiamo qualcuno dei punti salienti:
·
la metempsicosi, la
teoria secondo cui l'anima vive anche dopo la morte corporea[2];
·
la dottrina escatologica,
conseguente alla metempsicosi, secondo cui l'anima trasmigra in forme di vita
diverse, anche animali e vegetali, perfezionandosi, fino a raggiungere Dio;
·
la teoria secondo cui il numero è il principio di tutte le cose, fin quasi a
costituire una specie di entità autonoma;
·
la costruzione dell'aritmetica in base 10
e
·
Introdusse la teoria dei contrari
(limite, illimitato - pari, dispari - uno, molteplice - destro, sinistro -
maschio, femmina - fermo, mosso - diritto, curvo - buono, cattivo - luce,
tenebra - quadrato, rettangolo).
·
Secondo la tradizione, la scuola pitagorica
sopravvisse al suo fondatore e contò più di 218 allievi maschi, che diffusero
appassionatamente il suo pensiero ed il suo sapere scientifico in tutta la Grecia e la Magna Grecia.
·
Per secoli, anche dopo la caduta dell’Impero
Romano, il Pitagorismo costituì gran parte della cultura di storici, letterati,
poeti e governanti romani, oltre che dei Padri Cristiani.
·
Sempre la tradizione vuole che le pitagoriche
più famose siano state 17 [5].
[1] Erano degli iniziati, esperti in magia, matematica, astronomia
e filosofia. Conducevano vita ascetica ed erano “scarsamente vestiti” (in
greco: Gimnòs=Nudo).
[2] Si tratta di una dottrina presente nei Misteri
Orfici.
[3] Con il termine Kosmòs Pitagora intende l’ordine, l’equilibrio e l’armonia che pervadono e governano la Natura e l’Universo.
[4] Il teorema dei quadrati del triangolo retto
era già presente nella geometria dei Babilonesi e degli Indiani.
[5] Ovviamente, Pitagora sosteneva l’assoluta
parità dei sessi. Questa concezione è da considerarsi di origine egiziana. Per
i Greci, invece, per i Romani, per gli Ebrei e gli altri popoli asiatici di
cultura patriarcale la donna era priva di qualunque diritto: veniva considerata
utile solo ai fini della riproduzione e del governo della casa.
LA STRUTTURA DELL ’INSEGNAMENTO
PITAGORICO
Dopo aver ascoltato le lezioni
pubbliche, quelle per gli EXOTERICI, i candidati, sia uomini che donne, dopo un
periodo di approfondita valutazione, venivano accettati a seguire un lungo
periodo di noviziato (fino a cinque anni). Gli allievi, denominati ACUSMATICI,
per i quali valeva il divieto assoluto di prendere la parola, apprendevano
l’insegnamento del Maestro, che impartiva le sue lezioni nascosto da una
leggera cortina. La loro istruzione riguardava esclusivamente argomenti di
soggetto morale e sociale.
Il grado successivo è quello dei
MATEMATICI, la cui formazione avveniva in presenza diretta del Maestro e
riguardava soprattutto la
Matematica , la
Geometria , la
Fisica e l’Astronomia.
Col terzo grado iniziava la Maestria degli ERMETISTI
o SEBASTICI (Venerabili o Rispettabili), che venivano indottrinati su argomenti
magici ed ermetici, nonché sulla cura delle malattie, anche mediante la magia.
Al quarto grado appartenevano i
POLITICI. Ad essi venivano insegnati i segreti dell’armonia sociale, le basi di
una legislazione ideale, la pratica della giustizia e l’interpretazione delle
Leggi.
I politici si suddividevano in due Classi:
gli ECONOMICI ed i LEGISLATORI.
I politici si suddividevano in due Classi:
gli ECONOMICI ed i LEGISLATORI.
ETICA PITAGORICA
Nei "versi aurei" vi è una
notevole parte dell'insegnamento etico Pitagorico. Essi non sono direttamente
riferibili al filosofo, ma costituiscono una "summa" dei dogmi della "Scuola Italica". Ci sono
stati trasmessi dai Pitagorici del periodo tardo che, spesso, ignorarono il
divieto di porre per iscritto gli insegnamenti del Maestro.
¾ Venera
innanzitutto gli Dei immortali e serba il giuramento.
¾ Onora poi i
radiosi eroi divinificati e ai demoni sotterranei offri secondo il rito;
¾ Onora anche
i genitori e a te chi per sangue sia più vicino;
¾ Degli altri,
fatti amico chi per virtù è il migliore, imitandolo nel parlare con calma e
nelle azioni utili.
¾ Non adirarti
con un amico per una sua colpa lieve, sinchè tu lo possa;
¾ Approfondisci
lo studio di queste cose e queste altre domina: il ventre anzitutto e così pure
sonno, sesso e collera;
¾ Non far cosa
che sia turpe in faccia ad altri o a te stesso, ma, soprattutto, rispetta te
stesso [1];
¾ Poi,
esercita la giustizia con le opere e la parola;
¾ In ogni
cosa, di agir senza riflettere perdi l'abitudine;
¾ Considera
che per tutti è destino morire;
¾ Delle
ricchezze e degli onori accetta ora il venire, ora il dipartirsi;
¾ Di quei
mali, che per demoniaco destino toccano ai mortali, con animo calmo, senz'ira
sopporta la tua parte pur alleviandoli, per quanto ti è dato: e ricordati che
non estremi sono quelli riservati dalla Moira al saggio;
¾ Il parlare
degli uomini può essere buono o cattivo; che esso non ti turbi, non permettere
che ti distolga.
¾ E se mai
venisse detta falsità, ad essa calmo opponiti.
[1] Il Maestro riteneva
importante non solo la cura della mente e dello spirito, ma anche quella del
corpo. Egli stesso praticava regolari esercizi fisici. “Mens sana in corpore sano”: non si devono curare soltanto la mente
o lo spirito, ma anche il corpo.
Il discorso etico non si esaurisce
certamente con queste poche citazioni. Sono state riportate molte altre norme,
non tutte di facile interpretazione, che regolavano, anche nei particolari, la
vita quotidiana dell’adepto. Voglio ricordare soprattutto l’obbligo del
silenzio sulle lezioni e sulla vita della comunità.
Era prescritto il rito mattutino del
saluto al Sole. Erano obbligatorie le purificazioni con acqua di mare, o solo
salata [1]. Erano obbligatori i pasti
in comune. Era obbligatorio una specie di esame di coscienza (Psicostasia),
quale strumento di valutazione del proprio livello etico e spirituale. Era
vietato mangiare carne. Parimenti era vietato toccare o mangiare fave. Era
obbligatorio il rispetto assoluto per qualunque forma vivente. Era vietata
l’uccisione di animali.
Come già detto, ai primi pitagorici era severamente vietato
porre per iscritto gli insegnamenti del Maestro. La trasmissione della Sofìa
avveniva esclusivamente “da bocca ad
orecchio”.
Ben più complesso sarebbe esporre,
anche soltanto per sommi capi, la filosofia pitagorica.
Il contenuto del pensiero pitagorico
è stato dedotto dalle opere di varia natura degli ultimi pitagorici (quelli del
Terzo periodo, II Secolo dC).
Giambico narra il seguente episodio.
Un giorno Pitagora passò di fronte
all'officina di un fabbro, e si accorse che il suono dei martelli sulle
incudini era a volte consonante, e a volte dissonante. Incuriosito, entrò
nell'officina, si fece mostrare i martelli, e scoprì che quelli che risuonavano
in consonanza avevano un preciso rapporto di peso.
Ad esempio, se uno dei
martelli pesava il doppio dell'altro, essi producevano suoni distanti
un'ottava. Se invece uno dei martelli pesava una volta e mezzo l'altro, essi
producevano suoni distanti una quinta (l'intervallo fra il do e il sol).
Tornato a casa, Pitagora fece alcuni esperimenti con nervi di bue in tensione,
per vedere se qualche regola analoga valesse per i suoni generati da strumenti
a corda, quali la lira.
Sorprendentemente, la regola era
addirittura la stessa! Ad esempio, se una delle corde aveva lunghezza doppia
dell'altra, esse producevano suoni distanti un'ottava. Se invece una delle
corde era lunga una volta e mezzo l'altra, esse producevano suoni distanti una
quinta.
In perfetto stile scientifico,
dall'osservazione e dall'esperimento Pitagora dedusse la sua teoria della
coincidenza di musica, matematica e natura. Più precisamente, egli suppose che
ci fossero tre tipi di musica: quella strumentale propriamente detta, quella
umana “suonata” dall'organismo, e quella mondana “suonata” dai cosmo. La
sostanziale coincidenza delle tre musiche era responsabile, da un lato,
dell'effetto emotivo prodotto per letterale risonanza dalla melodia sull'uomo,
e, dall'altro, della possibilità di dedurre le leggi matematiche dell'universo
da quelle musicali.
Poiché nelle leggi dell'armonia
scoperte da Pitagora intervenivamo soltanto numeri frazionari, detti anche
numeri razionali, i rapporti armonici corrispondevano perfettamente a rapporti
numerici.
Pitagora enunciò la sua scoperta
nella famosa massima: tutto è (numero) razionale.
Essa codifica la fede nella
intelligibilità matematica della natura, ed è il presupposto metafisico
dell'intera impresa scientifica dell’umanità, di cui Pitagora è stato appunto
il padre fondatore.
Più precisamente,
"ragione" non era altro che la capacità di esprimere concetti
mediante un "rapporto" numerico, come testimonia l'uso dello stesso
vocabolo per entrambi i termini, sia in greco (LOGOS) che in latino (RATIO).
Poiché poi, per i greci, logos significava anche la "parola" stessa,
il vocabolo finì per indicare la triplice coincidenza tra linguaggio,
razionalità e matematica.
Dalla teoria musicale discende la
teoria cosmologica pitagorica, il cui aspetto esoterico è stato tramandato da
Platone nel difficile dialogo Timeo. Mediante misteriose costruzioni basate sui
numeri 1, 2 e 3, che corrispondono ai rapporti numerici dell'ottava e della
quinta, si arriva alla determinazione dei rapporti: armonici che regolano il
moto dei pianeti. Il sistema solare è dunque visto come una lira a sette corde
suonata da Apollo, in cui i pianeti producono i suoni che loro corrispondono, e
che insieme costituiscono la musica delle sfere.
L'aspetto esoterico del modello
pitagorico rimase per secoli il punto di riferimento per la cosmologia, tanto
che, ancora nel 1619, Keplero lo utilizzò nel suo strabiliante libro “L'armonia
del mondo”.
In esso egli descrisse le leggi
musicali che regolano il moto dei pianeti, specificando che nella sinfonia
celeste Mercurio canta da soprano, Marte da tenore, Saturno e Giove da bassi, e
la Terra e
Venere da alti. E nella terza delle tre famose leggi di Keplero ricompare,
miracolosamente, il rapporto di quinta. Il quadrato del periodo di rotazione di
un pianeta attorno al Sole è infatti proporzionale al cubo della sua distanza
da esso.
"In principio era la Ragione, e
la Ragione era presso Dio, e la Ragione era Dio".
Così diremmo, se volessimo
condividere l’analisi che il matematico Piergiorgio Odifreddi fa del pensiero
pitagorico.
RITUALITA’ PITAGORICA
Il Fuoco è l’elemento obbligato di tutte le cerimonie rituali.
Esso costituisce il legame sottile e potente con le Forze Superiori.
Esso costituisce il legame sottile e potente con le Forze Superiori.
Il Fuoco è da intendersi anche in
senso figurato:
o
il fuoco del cuore,
o
il fuoco come Luce della Ragione che disfa le tenebre
dell’ignoranza e della superstizione,
o
il fuoco come fraternità, sincerità e lealtà dei rapporti umani,
o
il fuoco come barriera insuperabile per le forze sotterranee,
o
il fuoco come strumento di evocazione magica.
Molte delle prescrizioni pitagoriche
riguardano il Fuoco, sia in senso chiaro che in senso allegorico [1].
In sintesi, il Fuoco è il Principio
di tutte le cose, come afferma Empedocle, filosofo ed allievo del Maestro.
I riti si celebravano dopo
un’accurata purificazione lustrale con acqua di mare, oppure salata.
[1] Per esempio, era vietato “contaminarlo” bruciando i cadaveri.
[1] La prassi della
Purificazione, detta “Catartica”. Veniva praticata nei Misteri di Zeus, a Creta.
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